Il dottor Sergio Delmonte risponde alle domande sull’alopecia
Oggi parliamo di alopecia con il Dott. Sergio Delmonte, dermatologo a Torino, medico chirurgo specializzato in Dermatologia e Venereologia presso l’Università di Genova nel 1998. Dal 2000 lavora come specialista ospedaliero alla “Città della Salute e della Scienza di Torino” (Ex Ospedale Molinette) e presso lo Studio Dermatologico di via San Pio V a Torino.
1) Si stima che il 15% della popolazione italiana sia affetto da alopecia. Si tratta davvero di un disturbo comune? Quanti casi tratta mediamente in un anno?
Se parliamo di alopecia androgenetica sì e la percentuale aumenta con l’età. La patologia appare sottostimata perché in genere si considerano calvi solo i casi più gravi e non gli stadi iniziali.
2) Quanti casi tratta mediamente in un anno?
Una cinquantina di casi con diagnosi di alopecia androgenetica
3) Quali sono i campanelli d’allarme ai quali è bene prestare attenzione?
L’alopecia androgenetica comincia a manifestarsi con un diradamento graduale circoscritto ad alcune aree del cuoio capelluto: l‘attaccatura dei capelli in regione fronto-temporale, o la regione parietale del vertice (la cosiddetta “chierica”) negli uomini. Nella maggior parte delle donne invece il diradamento interessa la regione parietale con risparmio dell’attaccatura fronto-temporale.
In entrambi i sessi il diradamento non si associa quasi mai a caduta massiva di capelli sani come accade nel defluvium. Invece è caratteristica la progressiva riduzione dei capelli che diventano più sottili, si arricciano, e soprattutto crescono meno in lunghezza rispetto alle regioni contigue. Queste modifiche, che durano anni, costituiscono il processo di miniaturizzazione del pelo che si conclude con la caduta dello stesso. Questo processo è reversibile con le terapie nella fase iniziale mentre poi l’efficacia sulla ricrescita si riduce con l’età.
4) Come si svolge una visita con un paziente che può essere affetto da alopecia?
La visita dermatologica si base sull’osservazione del cuoio capelluto e in casi particolari o molto iniziali ci si può avvalere anche dell’osservazione con la tricoscopia una tecnica di imaging nata per l’osservazione dei nei. È sempre utile eseguire fotografie cliniche e tricoscopiche per monitorare l’evoluzione del quadro clinico e della terapia.
5) Sappiamo che ci sono diversi tipi di alopecia. In generale, quali strumenti diagnostici e quali segni clinici vanno presi in considerazione per una corretta diagnosi della patologia?
Per alopecia si intende un processo patologico che porta alla caduta dei peli, generalmente, ma non solo, localizzati al cuoio capelluto. Nell’accezione comune invece la parola “alopecia” viene riservata all’alopecia areata, uno dei quadri clinici più noti poiché la caduta in chiazze rotonde è facilmente riconoscibile.
Le alopecie vengono distinte in forme cicatriziali in cui la caduta è irreversibile (ad es. da lupus cutaneo o da lichen planus) e non cicatriziali in cui invece i peli possono ricrescere con cure adeguate (alopecia areata, alopecia androgenetica, etc).
Gli strumenti diagnostici utilizzati nella pratica clinica sono:
- l’ispezione visiva
- la fotografia
- la tricoscopia
- Pull-test
- Wash-test modificato
- la biopsia cutanea
I segni clinici fondamentali per l’inquadramento diagnostico sono due:
- la caduta (o defluvium) che viene riferito dal paziente e che può essere quantificato con il pull-test (cioè la conta dei capelli prelevati dal medico) ed il wash-test (cioè la conta dei capelli persi durante un lavaggio)
- il diradamento che viene osservato dal paziente e dal medico al momento della visita
Contrariamente a quanto si pensi i due segni non sempre si associano: nell’alopecia androgenetica si osserva un diradamento senza una vera e propria caduta.
6) Oltre all’alopecia, a quali altre patologie può essere associata la perdita di capelli?
Se per alopecia intendiamo l’alopecia areata le altre cause più frequenti sono l’alopecia androgenetica (più nota come calvizie), il telogen effluvium, le alopecie da farmaci, da malattie sistemiche e da malattie genetiche.
7) Quali sono le cure per i diversi tipi di alopecia che hanno avuto il miglior riscontro nei casi che ha trattato?
Nell’alopecia areata le cure più efficaci sono i corticosteroidi locali, nel telogen effluvium le cure dipendono dalla causa sottostante ed è frequente la guarigione spontanea.
Nell’alopecia androgenetica utilizzo minoxidil e finasteride. Studi recenti indicano che la finasteride può essere utile anche nelle donne e che il minoxidil può essere prescritto anche per via orale.
Inoltre ci sono nuove cure promettenti come il PRP, plasma arricchito di piastrine ricavato dal sangue dei pazienti stessi, ma l’esperienza è ancora limitata.
8) Un gruppo di ricercatori della Columbia University Medical Center (tra cui l’italiana Angela Christiano) pare abbiano individuato una nuova cura a base di Ruxolitinib che ha avuto riscontri molto positivi e duraturi. Lei cosa ne pensa?
Il Ruxolinitib è un farmaco antitumorale approvato a marzo 2015 per una malattia ematologia, la policitemia vera. È stato segnalato a novembre 2104 su “Nature Medicine” che 3 pazienti affetti da alopecia areata grave hanno risposto con ottimi risultati ma i dati sono troppo scarni per trarre conclusioni.
Quello che possiamo affermare con certezza è che non è utile nell’alopecia androgenetica e che attualmente in Italia non c’è un’indicazione per l’alopecia areata.
9) Quando considera fallita una terapia/cura per combattere l’alopecia? Quanto spesso succede?
Per motivi biologici, legati al ciclo del pelo, la ricrescita può avvenire con successo ed in modo completo solo dopo alcuni mesi. Pertanto considero fallita una terapia dopo 6-12 mesi in assenza di risposta clinica. Le alopecie non cicatriziali di solito rispondono alle cure se consideriamo come obiettivo l’arresto della caduta.
Se invece ci poniamo come obiettivo la ricrescita dei capelli i risultati non sempre sono soddisfacenti e dipendono dal tipo di patologia, dalla durata della patologia prima dell’inizio della cura e dall’età del paziente.
Fortunatamente sono pochi i casi in cui si può parlare di un fallimento terapeutico.
10) Il trapianto di capelli (o l’autotrapianto) può essere in questi casi una buona soluzione?
Nella maggior parte dei casi sì, sempre considerando l’età e l’entità del diradamento. L’importante è considerare il trapianto di capelli quando la patologia si è arrestata o è sotto controllo. Se no si rischia d’impiantare capelli destinati a cadere nuovamente.
11) Per prenderci cura della nostra salute dobbiamo iniziare da una corretta prevenzione. Quali sono gli accorgimenti che possono aiutarci a prevenire l’insorgere dell’alopecia?
In tricologia, la prevenzione ha un ruolo meno importante che in altri campi della medicina. Questo perché le più frequenti cause di alopecia sono geneticamente determinate e familiari (l’alopecia androgenetica) o autoimmuni (l’alopecia areata). Quello che si può fare è evitare di rovinare le condizioni del fusto del pelo con trattamenti cosmetici troppo aggressivi (ad es le tinte o le piastre liscianti) soprattutto quando si è superata l’età giovanile.
Visto che la probabilità di successo di un trattamento dipende dal momento in cui si inizia una cura è importante non perdere tempo prezioso con cure incongrue o inefficaci. Pertanto la migliore prevenzione è non sprecare tempo (e soldi) rivolgendosi a figure non professionali.
12) Vuole dare un consiglio/suggerimento per chi sospetta di essere affetto da questa patologia?
Dalla mia esperienza consiglio di rivolgersi a professionisti seri e preparati, possibilmente medici, per avere una diagnosi corretta, non spaventarsi perché spesso le alopecie sono reversibili e dubitare quando vengono proposti trattamenti poco noti, molto cari e di breve durata.